Un nome insolito per una Società di consulenza, nata nel 2013. Il nome lo pensai nel 2007, durante una fase difficile però feconda della mia vita professionale ( ero in outplacement ), e lo lasciai nel cassetto in attesa del momento giusto.
Il Logo invece venne nel 2012. E’ ispirato al segno dell’Infinito raffigurato sul pavimento di una bellissima chiesa romanica della Lucchesia, che una brava grafica mi ha aiutato a rendere in forma stilizzata.
Cosa immagino (Vision)?
Voglio che il Caffè diventi un luogo di incontro, di scambio di esperienze tra chi “è in cerca”, con lo scopo di dar vita a piani ed azioni fattivi. Potranno essere soluzioni organizzative o gestionali, oppure di arricchimento umano e professionale. Il mio modello ideale sono i Caffè storici del ‘700, dove le persone prima discutevano, poi agivano. Rischiavano, ma facevano accadere le cose e così cambiarono il loro mondo ormai sclerotico, sebbene all’ apparenza scintillante. Furono degli Innovatori a passi costanti, ma instancabili.
Il mio impegno (Mission)? Col Caffè, mi offro per cercare (e trovare) insieme a chi vuole fidarsi di me un modo diverso di lavorare, di trovare soluzioni ed anche di trarre soddisfazione da ciò che uno fa. Mi rivolgo alle Aziende ed alle Persone, a chi non è soddisfatto di un modo di lavorare diffuso. Mi rivolgo a chi desidera costruire su basi solide, a chi ama e vuole curare il proprio lavoro, il proprio “manufatto”, un po’ come i bravi artigiani: prendere le misure magari due volte, per poi tagliare a colpo sicuro. Certo c’è la grande questione del tempo, delle scadenze. I risultati vanno portati e devono essere solidi (e non solo raccontati in un bel ppt). Però sempre più le persone avvertono frustrazione nell’infuriare della battaglia quotidiana, anziché lo stimolo positivo dello stress sano.
La soluzione non è sempre correre più veloci, lavorare ancora di più, ma gestire meglio le proprie risorse specie il tempo, l’unica non riproducibile nell’ epoca della connessione permanente. Come in auto, a voler stare sempre in corsia di sorpasso prima o poi si fa un incidente. Questo vale per le singole persone come per le organizzazioni, spesso condizionate dal conformismo della frettolosità o, per reazione, della lentezza eccessiva del “non si può fare”, che a sua volta frustra chi vuole accellerare.